Al Teatro Duse di Bologna le foto del lancianese Paolo Giancristofaro

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Il fotografo Paolo Giancristofaro

LANCIANO. Un lancianese ospite al Teatro Duse di Bologna.  E’ la storia di Paolo Giancristofaro, informatico per professione, fotografo per  passione e giovane lancianese, che a parte un buon percorso nel campo dell’innovazione informatica (adesso lavora a Firenze), sta cogliendo buone soddisfazioni e riconoscimenti nell’arte fotografica. E’ figlio del giornalista Mario e della compianta Letizia Miscia, che è stata direttrice della Biblioteca comunale “Raffaele Liberatore”.

Dal 16 marzo e fino a mercoledì 27 aprile, una  mostra fotografica di Paolo Giancristofaro è ospitata al Teatro Duse di Bologna. Nel vernissage della mostra, organizzata e promossa dal Forum dei Comitati e delle Associazioni culturali di Bologna, presidente Marzia Zimbelli, sono intervenuti da Lanciano anche i suoi familiari e amici. Con l’autore, ha presentato le opere lo scrittore Giovanni Gotti, che ha sottolineato come dietro ogni opera di Paolo Giancristofaro ci siano delle storie, che possono corrispondere a quelle pensate dall’autore, oppure percepite dal visitatore. Nel corso della presentazione del progetto fotografico intitolato “Dentro”, lo scorso 16 marzo, le immagini sono state accompagnate da letture introduttive a cura della scrittrice Julka Caporetti. Qualificato il pubblico presente. Dentro

Paolo Giancristofaro, nato a Lanciano, ha intrapreso fin da ragazzo studi scientifici, laureandosi in Informatica nell’Università degli Studi dell’Aquila. Ha lavorato come informatico in Engineering Ingegneria Informatica, prima nelle Marche, poi a Firenze, dov’è tutt’ora. “Sono figlio di un giornalista e una bibliotecaria – racconta di sè – ho sempre avuto la passione della lettura e scrittura. Quasi accidentalmente mi sono ritrovato una macchina fotografica in mano. Più dei tempi di esposizione, dei diaframmi e tutto il resto, mi interessano le storie. Prendo la mia Reflex e scendo in strada. Per me è come leggere. Leggo una storia, scatto, e provo a raccontarla, in pratica a scriverla”.

 

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